IL "GALLICCHIESE"

IN... BASILICATA

DIZIONARIO DIALETTALE DI GALLICCHIO

a cura di Maria Grazia Balzano

 

I dialetti della Basilicata

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Consonantismo (cfr. anche  Elementi di fonologia e fonetica: le consonanti)

 

Mentre il vocalismo varia abbastanza da una località all’altra, troviamo un sistema di consonanti, più o memo omogeneo nei 131 comuni della Basilicata.

Per quanto riguarda le consonanti semplici iniziali etimologiche molte rimangono intatte come le labiali  p-, m-, f-,  le dentali  t-, r-, n- e s- ( che è per lo più s- sorda), altre mostrano dei fenomeni evolutivi,  quasi sempre, tipicamente meridionali.

I continuatori delle consonanti  labiali latine  b- e v-, il cui suono si confondeva già in epoca antica  nella fricativa bilabiale β (spagnolo saber),  variano individualmente in Basilicata tra la fricativa β- e la  labiodentale v-. Quindi si trovano come varianti l’una e l’altra:  a  βócchë / a vócchë (< BUCCA; la bocca); u βèttë/ u véttë (<VECTIS; il bastone). Queste consonanti hanno lo stesso sviluppo anche quando si trovano all’interno della parola.

I continuatori della l- etimologica mostrano due tendenze: quella tipica dei dialetti lucani e quella gallo-italica con il mutamento di l- in  d- In alcuni comuni del sud della regione l-  cambia talvolta anche i û- (semivocale fricativa bilabiale arrotondata, inglese water) per es. ûèunë  (< LIGNU; legno). La consonante -l-  all’interno della parola mostra due tendenze principali: da una parte viene conservata: u sàlë (< SALE; il sale), li càulë (<CAULIS; i cavoli), dall’altra parte ne abbiamo la velarizzazione: u sówë (< SOLE; il sole)  

Nel meridione italiano i continuatori della d- latina sono r- e δ- (fricativa post-dentale sonora: inglese the) o d-. La pronuncia d- è influenzata dalla lingua italiana, mentre la pronuncia δ- è più antica. L’evoluzione di d- latina in r- è attestata in almeno quattro comuni, mentre in altre località si trova coesistenza  della d-, δ- e r . Lo sviluppo della -d- intervocalica è analogo a quello della d- iniziale.

La consonante c- latina davanti alle vocali palatali  /e/ e /i/ viene palatizzata come nella lingua nazionale: a cénnërë (< CINERE; la cenere), mentre rimane intatta davanti alle vocali /a/,/o/,/u/ : u cunìglië (<CUNICULU; il coniglio). Nelle colonie gallo-italiche in Baslicata troviamo la palatizzazione della lat. c-> chi- davanti alle vocali /a/,/o/,/u/: u chianàtu (< COGNATU; il cognato). All’interno della parola la -c- davanti a  /e/ e /i/ viene palatizzata come quella iniziale. In un gruppo di paesi che si trovano al confine con la Puglia, però,  viene sonorizzata: -c-> -š- , incontriamo per es. la nóšë (<NUCE; la noce), a péšë (< PICE; la pece). La sonorizzazione di -c- in -š- viene osservata in un gruppo di paesi intorno a Potenza  che in altri casi hanno mostrato relitti di lingua galloitalica. In queste località viene sonorizzata anche la -c- > -h-  davanti a  /a/, /o/, /i/ , per es. a mànëhë (<MANICA; la manica), a frummìha (<FORMICA; la formica). Si tratta probabilmente di un influsso galloitalico perché questo tipo di sonorizzazione è caratteristico dei dialetti settentrionali.

Anche la consonante g- latina davanti alle vocali palatali viene palatizzata, però con due esiti diversi e una diffusione spaziale ben precisa: da una parte  g- davanti /e/ e /i/ >  i ( semivocale):  a  iënéstrë (<GENISTA; la ginestra (come per es. a  Brindisi di Montagna, Trivigno, Campomaggiore, Rotondella ), dall’altra parte g- davanti a  /e/ e /i/ > š (come per es. Gallicchio, Tolve, San Chirico Nuovo, Spinoso). In altri paesi della regione coesistono i due esiti. Per quanto riguarda la g- davanti alle vocali /a/,/o/,/u/  si può osservare come la forma latina ga- in tutta la regione o viene conservata:  a gaddìnë (<GALLINA; la gallina )  o diventa una fricativa: a haddìnë. Nel dominio appulo si trova di solito la semivocale i: a iaddìnë. In molti casi la fricativa sonora h serve da consonante protetica  davanti a parole che cominciano  con /a/,/o/,/u/  Hànżë (< Anzi “nome di paese”); hùnnëcë (<UNDECIM; undici): Davanti a parole che cominciano con le vocali palatali /e/ e /i/ si trova spesso la semivocale protetica i: iérësë (< ERAS; eri). La -g- intervocalica davanti alle palatali /e/ e /i/ coincide con l’esito di g- iniziale, mentre davanti alle vocali /a/, /o/, /u/ rimane inalterata.  

La  latina j- viene continuata come la  palatale g- davanti a  /e/ e /i/ , cioè j- > š (šënnàrë < IANUARIU; gennaio) oppure j->i (semivocale)  (iënnàrë). Il lat. *JACIUM viene continuato in tutta la Basilicata uniformemente da u iàzzë (luogo all’aperto dove stanno le pecore). -j- intevocalica  coincide con l’esito di j-  iniziale davanti alle vocali palatali /e/ e /i/.

La varietà dei nessi consonantici è minore di quella ammessa nell’italiano a causa di due limitazioni, ossia l'assimilazione dei nessi consonantici latini nd e mb in nn e mm, tipicamente meridionale  e l’assenza di voci dotte contenenti dei nessi di occlusiva (o F) più L.  

Esiti dei nessi consonantici iniziali :

 

bl- si muta di solito nella semivocale i- : iastëmà (< BLASFEMARE; bestemmiare);

cl- e pl- coincidono in tutto il Meridione nel fonema ­chi- (occlusiva palatale sorda): chiàtrë (< CLATRU; gelo); chiùmmë (< PLOBU)

fl- viene sostituito  di solito con la semivocale i-: u iùmë (< FLUME; il fiume). Ramamente si incontra  la mutazione fl> š  tipica della Campania e della Puglia:  u šùrë (< FLORE; il fiore);

gl-  dà in Basilcata tre esisti: da una parte le geminate palatali gli-; gghi-, dall’altra la nasale gn-: a gliànnë (< GLANDE; la ghianda), u ghìrë (< GLIRE; il ghiro),  u gnòmmërë (< GLOMERE; gomitolo). Non è possibile individuare una distribuzione geografica di questi suoni, in uno stesso paese possono coesistere tutti e tre.

br- cambia di solito nel nesso labiodentale  vr- con la variante bilabiale βr-:  la vràšë (< BRASA; la brace); i vràzzë (< BRACHIU; le braccia)   

gr- appare  anche nella variante spirante hr-:  u grànë (< GRANU; il grano), hrànnë (< GRANDE; grande). Nell’aggettivo  grande si può ossevare anche la caduta della g- iniziale quando viene combinato con un sostantivo:  mammarànnë (<MAMMA+GRANDE; nonna).

s+ consonante di solito rimane inalterato nelle combinazioni  st-, sp-, sc-, spr-, e str-. Le forme che risalgono a etimi germanici presentano di solito il nesso šch-: u šchìnë (< germ. SKINA; schiena), la šchèrdë (< germ. SKARDA; scheggia)

 

Esiti dei nessi all’interno della parola:

 

-c(u)l- /-t (u)l-/-p(u)l- , che risultano per lo più dalla sincope di /u/ nel latino volgare, vengono continuati con l’occlusiva alvaodentale-mediopalatale sorda -cchi-: u capìcchië (<CAPIT(U)LU; il capezzolo), i récchië (<AURIC(U)LA; le orecchie). Dopo nasale l’occlusiva viene sonorizzata: i vìnghië (<VINCULU; i vimini).

-b(u)l-/-g(i)l-, che risultano spesso dalla sincope di /u/ e /i/ nel latino volgare, vengono continuati da -gghi-  e -gli-, che coincidono con l’esito di -li- .

Per il lat. -fl- abbiamo pochi esempi. Continuatori del lat. SUFFLARE  si trovano di raro: šùscià (sciuscià)  u nàsë (soffiare il naso). Di solito la forma  SUFFLARE  viene sostituita da FLATARE che ha come esito iatà  sufflare.

I continuatori di – l + consonante mostrano una molteciplità unica. Bisogna innanzitutto distinguere tra –l + consonante dentale o palatale e consonante velare o labiale. Nel nesso -l + consonante dentale o palatale la /l/ di solito viene velarizzata: à fàucë (< FALCE; la falce), u càudë (< CAL(I)DU; il caldo). In alcuni paesi al confine con la Puglia si osservano assimilazioni progressive  a callàrë (< CALDARIU; la caldaia), u càllë (il caldo). Caduta totale della /l/ si osserva nei continuatori  del lat. ALTER e VOLTA: n’ àtu (un altro), na vòtë (una volta). Per quanto riguarda lo sviluppo del nesso -l+ consonante velare o labiale, si possono constatare quattro  tendenze: /l/ viene sostituita con /r/: a vùrpë (< VULPE; la volpe); tra l+consonante viene inserita una vocale indistinta /ë/: u malëvìzzë (<MALVICEU; il tordo);  l+consonante rimane intatto: u sùlchë (<SULCU; il solco); la /l/ cade  o viene assimilata alla labiale seguente: a pùppë (<PULPA; la polpa).

-cr-/-tr-/-pr- vengono sonorizzati. -cr- appare spesso come consonante spirante -hr-: u sùohrë (< SOCRU; il suocero).

-gr- appare solo nel lat. NIGRU e NIGRA  che in Basilicata vengono continuati con esiti diversi come: nìurë, nìhërë (nero); nèurë, nèvërë (nera).

-r + consonante di solito resta intatto: u cùrpë (< CORPU; il corpo). I nessi  -rg- e –rv- molto spesso vengono separati  da  una vocalica indistinta /ë/: a vèrëghë (< VIRGA; la verga), u cùrëvë (< CORVU; il corvo);

-mb-/-nd-: in questi nessi la labiale e la dentale vengono regolarmente  assimilata alla /m/ e alla /n/, fenomeno tipico per tutto il meridione: u palùmmë (< PALUMBU; il colombo); tùnnë (< ROTUNDU; rotondo)

Per il nesso -gn- non si hanno esiti uniformi: il lat. COGNATU per es. offre cainàtë, il lat. AGNU ci dà  àiënë.

-ng- mostra due tendenze: nella maggiorparte  della Basilicata il nesso rimane inalterato, in alcuni paesi al confine con la Puglia si trova la mutazione in -gn-:  u sànghë/ u sàgnë (< SANGUE; il sangue) .

-mp-/-nt-/-nc- vengono dappertutto sonorizzati: a témbë (<TIMPA; la roccia scoscesa); u crëscéndë (<CRESCENTEM; il lievito),  a sciànghë (< germ. HANKA; l’anca).

-x- si solito cambia in -ss-/ -sc-: a lëssìië (<LIXIVA; la lisciva);  a còscë (< COXA; la coscia)

-ci- offre due esiti  -zz-/-cc- che possono coesistere in uno stesso paese: u gaddënàzzë/ u gaddënàccë (< GALLINACEU; il tacchino). L’esito più frequente  però e -zz- che è anche il continuatore dei suffissi latini  -aceu; -iceu; -oceu, uceu : a cacàzzë (< CACARE+ACEA; la paura); u tunnìzzë (< ROTONDU+ICEU; il pezzo di legna rotondo); u vëtëllùzzë (< VITELLU+UCEU; il vitellino).

-ti- : gli esiti di questo nesso  concidono con quello di -ci-. Anche in questo caso  il risultato -zz- è il più frequente: la  chëcòzzë (< CUCUTIA; la zucca).

-li-: gli esiti di questa combinazione coincidono con quelli di -bl-/ -gl-, cioè, -gli- e  -gghi-: a pàglië / a pàgghië (<PALEA; la paglia), l’ùoglië/ l’ ùgghië (< OLEU; l’olio);

-pi- dappertutto da -cc-: sàccë (<SAPIO; so), l’ àccë (<APIU; il sedano);

-mi-/-ni- hanno come esito regolarmente la nasale palatale -gn-: a grégnë (<GREMIA; il covone.).

-ri- mostra nel suo sviluppo tre esiti. In pochissimi  casi il nesso rimane intatto, come nei continuatori del lat. CORIU (u cùriië; il cuoio). Di solito si nota la perdita dell’elemento palatale: a caudàrë (< CALDARIA, la caldaia). Uno sviluppo tipico della zona meridionale della Baslicata è l’assimilazione  progressiva -ri-> -rr- : u ciamùrrë (< CAMORIA; il raffreddore).

Per il lat. -di-  ci sono poche  voci . C’è il lat. HODIE  i cui esiti sono per es. óšë/óië (oggi), poi ci sono alcune  voci che stanno fuori dalla regola come per es. il lat. MEDIUS che dà ménżë/ mìenżë (mezzo).

-ll- offre cinque tendenze: rimane intatto u curtìellë (< CURTELLU; il cortello); cambia nella geminata -dd- u curtìeddë; diventa affricata alveodentale-mediopalatale u curtìeggë a Muro  Lucano; cambia  nell’occlusiva alveodentale-mediopalatale u curtìegghië a Bella e Ripacandita. In alcuni paesi  confinanti con la Puglia –ll- è l’esito del lat. -ld-.

  

 


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