Consonantismo (cfr. anche Elementi
di fonologia e fonetica: le consonanti)
Mentre il vocalismo varia abbastanza da una località all’altra,
troviamo un sistema di consonanti, più o memo omogeneo nei 131 comuni della
Basilicata.
Per quanto riguarda le consonanti semplici iniziali etimologiche
molte rimangono intatte come le labiali p-, m-, f-, le dentali t-, r-, n- e
s- ( che è per lo più s- sorda), altre mostrano dei fenomeni evolutivi, quasi
sempre, tipicamente meridionali.
I continuatori delle consonanti labiali latine b- e v-, il cui
suono si confondeva già in epoca antica nella fricativa bilabiale β (spagnolo
saber), variano individualmente in Basilicata tra la fricativa β- e la
labiodentale v-. Quindi si trovano come varianti l’una e l’altra: a βócchë
/ a vócchë (< BUCCA; la bocca); u βèttë/ u véttë (<VECTIS;
il bastone). Queste consonanti hanno lo stesso sviluppo anche quando si trovano
all’interno della parola.
I continuatori della l- etimologica mostrano due tendenze: quella
tipica dei dialetti lucani e quella gallo-italica con il mutamento di l- in d-
In alcuni comuni del sud della regione l- cambia talvolta anche i û-
(semivocale fricativa bilabiale arrotondata, inglese water) per es.
ûèunë (< LIGNU;
legno). La consonante -l- all’interno della parola mostra due tendenze
principali: da una parte viene conservata: u sàlë (<
SALE;
il sale), li càulë (<CAULIS;
i cavoli), dall’altra parte ne abbiamo la velarizzazione: u sówë (<
SOLE;
il sole)
Nel meridione italiano i continuatori della d- latina sono r- e δ-
(fricativa post-dentale sonora: inglese the) o d-. La pronuncia d- è
influenzata dalla lingua italiana, mentre la pronuncia δ- è più antica.
L’evoluzione di d- latina in r- è attestata in almeno quattro comuni, mentre in
altre località si trova coesistenza della d-, δ- e r . Lo sviluppo della -d-
intervocalica è analogo a quello della d- iniziale.
La consonante c- latina davanti alle vocali palatali /e/ e /i/
viene palatizzata come nella lingua nazionale: a cénnërë (<
CINERE;
la cenere), mentre rimane intatta davanti alle vocali /a/,/o/,/u/ : u
cunìglië (<CUNICULU; il coniglio). Nelle colonie gallo-italiche in Baslicata troviamo
la palatizzazione della lat. c-> chi- davanti alle vocali /a/,/o/,/u/: u
chianàtu (<
COGNATU;
il cognato). All’interno della parola la -c- davanti a /e/ e /i/ viene
palatizzata come quella iniziale. In un gruppo di paesi che si trovano al
confine con la Puglia, però, viene sonorizzata: -c-> -š- , incontriamo per es.
la nóšë (<NUCE;
la noce), a péšë (<
PICE;
la pece). La sonorizzazione di -c- in -š- viene osservata in un gruppo di paesi
intorno a Potenza che in altri casi hanno mostrato relitti di lingua
galloitalica. In queste località viene sonorizzata anche la -c- > -h- davanti a
/a/, /o/, /i/ , per es. a mànëhë (<MANICA; la manica), a frummìha (<FORMICA; la formica). Si tratta probabilmente di un influsso galloitalico
perché questo tipo di sonorizzazione è caratteristico dei dialetti
settentrionali.
Anche la consonante g- latina davanti alle vocali palatali viene
palatizzata, però con due esiti diversi e una diffusione spaziale ben precisa:
da una parte g- davanti /e/ e /i/ > i ( semivocale): a iënéstrë (<GENISTA;
la ginestra (come per es. a Brindisi di Montagna, Trivigno, Campomaggiore,
Rotondella ), dall’altra parte g- davanti a /e/ e /i/ > š (come per es.
Gallicchio, Tolve, San Chirico Nuovo, Spinoso). In altri paesi della regione
coesistono i due esiti. Per quanto riguarda la g- davanti alle vocali
/a/,/o/,/u/ si può osservare come la forma latina ga- in tutta la regione o
viene conservata: a gaddìnë (<GALLINA;
la gallina ) o diventa
una fricativa: a haddìnë. Nel dominio appulo si trova di solito la
semivocale i: a iaddìnë. In molti casi la fricativa sonora h serve da
consonante protetica davanti a parole che cominciano con /a/,/o/,/u/ Hànżë
(< Anzi “nome di paese”); hùnnëcë (<UNDECIM;
undici): Davanti a parole che cominciano con le vocali palatali /e/ e /i/ si
trova spesso la semivocale protetica i: iérësë (< ERAS; eri). La -g-
intervocalica davanti alle palatali /e/ e /i/ coincide con l’esito di g-
iniziale, mentre davanti alle vocali /a/, /o/, /u/ rimane inalterata.
La latina j- viene continuata come la palatale g- davanti a /e/
e /i/ , cioè j- > š (šënnàrë <
IANUARIU;
gennaio) oppure j->i (semivocale) (iënnàrë). Il lat. *JACIUM viene
continuato in tutta la Basilicata uniformemente da u iàzzë (luogo
all’aperto dove stanno le pecore). -j- intevocalica coincide con l’esito di j-
iniziale davanti alle vocali palatali /e/ e /i/.
La varietà dei nessi consonantici è minore di quella ammessa
nell’italiano a causa di due limitazioni, ossia l'assimilazione dei nessi
consonantici latini nd e mb in nn e mm, tipicamente
meridionale e l’assenza di voci dotte contenenti dei nessi di occlusiva
(o F) più L.
Esiti dei nessi consonantici iniziali :
bl- si muta di solito nella semivocale i- : iastëmà (<
BLASFEMARE; bestemmiare);
cl- e pl- coincidono in tutto il Meridione nel fonema
chi-
(occlusiva palatale sorda): chiàtrë (<
CLATRU; gelo);
chiùmmë (< PLOBU)
fl- viene sostituito di solito con la semivocale i-: u iùmë
(<
FLUME;
il fiume). Ramamente si incontra la mutazione fl> š tipica della Campania e
della Puglia: u šùrë (< FLORE;
il fiore);
gl- dà in Basilcata tre esisti: da una parte le geminate palatali
gli-; gghi-, dall’altra la nasale gn-: a gliànnë (<
GLANDE;
la ghianda), u ghìrë (<
GLIRE;
il ghiro), u gnòmmërë (< GLOMERE; gomitolo). Non è possibile individuare una distribuzione
geografica di questi suoni, in uno stesso paese possono coesistere tutti e tre.
br- cambia di solito nel nesso labiodentale vr- con la variante
bilabiale βr-: la vràšë (<
BRASA;
la brace); i vràzzë (<
BRACHIU;
le braccia)
gr- appare anche nella variante spirante hr-: u grànë (<
GRANU;
il grano), hrànnë (<
GRANDE;
grande). Nell’aggettivo grande si può ossevare anche la caduta della g-
iniziale quando viene combinato con un sostantivo: mammarànnë (<MAMMA+GRANDE; nonna).
s+ consonante di solito rimane inalterato nelle combinazioni st-,
sp-, sc-, spr-, e str-. Le forme che risalgono a etimi germanici presentano di
solito il nesso šch-: u šchìnë (< germ. SKINA; schiena), la šchèrdë (<
germ. SKARDA; scheggia)
Esiti dei nessi all’interno della parola:
-c(u)l- /-t (u)l-/-p(u)l- , che risultano per lo più dalla sincope
di /u/ nel latino volgare, vengono continuati con l’occlusiva
alvaodentale-mediopalatale sorda -cchi-: u capìcchië (<CAPIT(U)LU; il capezzolo), i récchië (<AURIC(U)LA;
le orecchie). Dopo nasale l’occlusiva viene sonorizzata: i vìnghië (<VINCULU; i vimini).
-b(u)l-/-g(i)l-, che risultano spesso dalla sincope di /u/ e /i/ nel
latino volgare, vengono continuati da -gghi- e -gli-, che coincidono con
l’esito di -li- .
Per il lat. -fl- abbiamo pochi esempi. Continuatori del lat.
SUFFLARE
si trovano di raro: šùscià (sciuscià) u nàsë (soffiare il naso). Di
solito la forma
SUFFLARE
viene sostituita da
FLATARE che ha come esito iatà sufflare.
I continuatori di – l + consonante mostrano una molteciplità unica.
Bisogna innanzitutto distinguere tra –l + consonante dentale o palatale e
consonante velare o labiale. Nel nesso -l + consonante dentale o palatale la /l/
di solito viene velarizzata: à fàucë (<
FALCE;
la
falce), u càudë
(< CAL(I)DU; il caldo). In alcuni paesi al confine con la Puglia si osservano
assimilazioni progressive a callàrë (<
CALDARIU;
la caldaia), u càllë (il caldo).
Caduta totale della /l/ si osserva nei continuatori del lat. ALTER e VOLTA: n’ àtu (un altro), na vòtë
(una volta). Per quanto riguarda lo sviluppo del nesso -l+ consonante velare o
labiale, si possono constatare quattro tendenze: /l/ viene sostituita con /r/:
a vùrpë (<
VULPE; la volpe); tra l+consonante viene inserita una vocale indistinta
/ë/: u malëvìzzë (<MALVICEU;
il tordo); l+consonante rimane intatto: u sùlchë (<SULCU;
il solco); la /l/ cade o viene assimilata alla labiale seguente: a pùppë
(<PULPA;
la polpa).
-cr-/-tr-/-pr- vengono sonorizzati. -cr- appare spesso come
consonante spirante -hr-: u sùohrë (<
SOCRU; il suocero).
-gr- appare solo nel lat. NIGRU e NIGRA
che in Basilicata vengono continuati con esiti diversi come:
nìurë, nìhërë (nero); nèurë, nèvërë (nera).
-r +
consonante di solito resta intatto: u cùrpë (<
CORPU; il corpo). I nessi -rg- e –rv- molto spesso vengono separati da
una vocalica indistinta /ë/: a vèrëghë (<
VIRGA;
la verga), u cùrëvë (<
CORVU;
il corvo);
-mb-/-nd-: in questi nessi la labiale e la dentale vengono
regolarmente assimilata alla /m/ e alla /n/, fenomeno tipico per tutto il
meridione: u palùmmë (<
PALUMBU; il colombo); tùnnë (< ROTUNDU; rotondo)
Per il nesso -gn- non si hanno esiti uniformi: il lat.
COGNATU
per es. offre cainàtë, il lat.
AGNU ci
dà àiënë.
-ng- mostra due tendenze: nella maggiorparte della Basilicata il
nesso rimane inalterato, in alcuni paesi al confine con la Puglia si trova la
mutazione in -gn-: u sànghë/ u sàgnë (<
SANGUE;
il sangue) .
-mp-/-nt-/-nc-
vengono dappertutto sonorizzati: a témbë (<TIMPA; la roccia scoscesa);
u crëscéndë (<CRESCENTEM; il lievito), a sciànghë (< germ.
HANKA;
l’anca).
-x- si solito
cambia in -ss-/ -sc-: a lëssìië (<LIXIVA; la lisciva); a còscë (< COXA; la coscia)
-ci- offre due esiti -zz-/-cc- che possono coesistere in uno
stesso paese: u gaddënàzzë/ u gaddënàccë (< GALLINACEU; il tacchino). L’esito più frequente però e -zz- che è anche il
continuatore dei suffissi latini -aceu; -iceu; -oceu, uceu : a cacàzzë (<
CACARE+ACEA; la paura); u tunnìzzë
(< ROTONDU+ICEU;
il pezzo di
legna rotondo); u vëtëllùzzë
(<
VITELLU+UCEU; il vitellino).
-ti-
: gli esiti di questo nesso concidono con quello di -ci-.
Anche in questo caso il risultato -zz- è il più frequente: la chëcòzzë
(<
CUCUTIA; la zucca).
-li-:
gli esiti di questa combinazione coincidono con quelli di -bl-/ -gl-, cioè,
-gli- e -gghi-: a pàglië / a pàgghië (<PALEA;
la paglia), l’ùoglië/ l’ ùgghië (< OLEU; l’olio);
-pi- dappertutto da -cc-: sàccë (<SAPIO;
so), l’ àccë (<APIU; il sedano);
-mi-/-ni- hanno come esito regolarmente la nasale palatale -gn-:
a grégnë (<GREMIA; il covone.).
-ri- mostra nel suo sviluppo tre esiti. In pochissimi casi il
nesso rimane intatto, come nei continuatori del lat.
CORIU
(u cùriië; il cuoio). Di solito si nota la perdita dell’elemento
palatale: a caudàrë (<
CALDARIA, la caldaia).
Uno
sviluppo tipico della zona meridionale della Baslicata è l’assimilazione
progressiva -ri-> -rr- : u ciamùrrë (<
CAMORIA;
il raffreddore).
Per il lat. -di- ci sono poche voci . C’è il lat. HODIE i cui
esiti sono per es. óšë/óië (oggi), poi ci sono alcune voci che
stanno fuori dalla regola come per es. il lat. MEDIUS che dà ménżë/
mìenżë (mezzo).
-ll- offre cinque tendenze: rimane intatto u curtìellë (<
CURTELLU; il cortello); cambia nella geminata -dd- u curtìeddë;
diventa affricata alveodentale-mediopalatale u curtìeggë a Muro Lucano;
cambia nell’occlusiva alveodentale-mediopalatale u curtìegghië a Bella e
Ripacandita. In alcuni paesi confinanti con la Puglia –ll- è l’esito del lat.
-ld-.