Aspetti socio e geo-linguistici
della regione.
La Basilicata, o Lucania, è una regione dell’
Italia meridionale che confina a est con la Puglia, a nord-ovest con la
Campania , a sud con la Calabria, e si affaccia per un beve tratto sul Tirreno
(golfo di Policastro) e sullo Ionio (golfo di Taranto). La superficie
complessiva è di Kmq. 9.992, 24. La regione è caratterizzata da una zona
occidentale ricca di massicci montuosi , tra i più alti dell’ Appennino,
culminanti nel monte Pollino che supera i 2200 m. e di una zona rientale
collinosa. Nel golfo di Taranto sboccano i fiumi principali Bradano, Basento,
Agri, Sinni, a regime spiccatamente torrentizio. Nelle sue due province, quella
di Potenza e di Matera con i loro 131 comuni, vivono
590.601 abitanti
(al dicembre
2008).
Nell’ antichità e dal 1932 al 1947 il nome ufficiale della regione era
Lucania. L’antico nome ha diverse radici filologiche. Una di queste è data da
LEUCOS, originariamente parola greca che aveva conservato nella sua accezione
latina lo stesso significato: bianco, lucente. Ma anche nell'antica lingua
sanscrita la parola LUC ha significato di luce e luminosità, e lo stesso
significato lo si ritrova nella parola sémita di LUACHAN. Senz'altro bianchi e
lucenti erano gli ampi squarci delle radure e i picchi dei calanchi, composti da
terre calcaree ed argillose, che si aprivano tra le fitte macchie di foreste che
coprivano l'intera regione, e poiché bosco in latino era LUCUS, è molto
verosimile che anche questo nome abbia contribuito a dare alla regione il suo
antico nome, ufficializzato, poi, nel periodo della Roma imperiale quale terza
regione augustea dell'Impero, in Lucania: regione chiaro-scura, ombrosa
e romantica, segnata a tratti da squarci di luce. L’origine del nome Basilicata
pare risalire al XIII secolo. Proviene dal greco
BASILIKOS,
termine con cui venivano chiamati i Governanti bizantini della Regione.
BASILIKOS in greco
vuol dire "funzionario del re" e deriva da un'altra parola greca: BASILEUS (Re).
Questa tesi, avanzata inizialmente dal Racioppi (intellettuale, scrittore e
politico dell'800) fu poi sostenuta nel corso del tempo anche a causa
dell'autorevolezza dell'autore. Ma alla luce di altri contributi sembra che non
siano mai esistiti funzionari bizantini chiamati Basilici. I Basilici erano
invece i libri della legislazione di Bisanzio raccolti nel IX sec. Il toponimo
Basilicata, terra del BASILEUS cioè del re,
nacque per indicare quella parte del territorio lucano soggetta al dominio
bizantino e che andava distinta dalla Lucania, che all'epoca riguardava la terra
del gastaldato dei Longobardi di Salerno. Nella storia recente, dal 1932 fino
alla Costituzione del 1948, la regione si chiamò ancora Lucania ma poi, dal
1948, prese l'attuale nome.
I dialetti della Basilicata prendono le loro forme
principalmente da due fonti: dal greco e dal latino. I greci sbarcarono nella
parte meridionale della Basilicata nell’ VIII secolo a.C. e ci fondarono alcune
città diventate in breve floride e potenti: Metaponto, Siri, Turi, Eraclea,
Pandòsia. Perciò il patrimonio linguistico greco nei dialetti lucani
meridionali è considerevole, esso si manifesta soprattutto nel lessico e nella
toponomastica dialettale. Al dominio di Roma si sottomisero Lucani e città
greche nell’anno 198 a.C. Delle colonie fondate dai romani in terra lucana
solo Grumentum, fondata in età braccana nel sud della Basilicata, rappresentò
un fattore costante e omogeneo di latinizzazione, alimentata dalla Via Appia,
che dal secondo secolo, attraversò tutto il nord della regione, costituendo un
importante fattore di livellamento e innovazioni linguistiche. Poggiando
essenzialmente su una stratificazione latina, nei dialetti lucani oltre alle
tante parole greche, si trovano termini oschi, gallici, arabi, germanici, spagnoli,
francesi e, ancora, antichissime parole di origine mediterranea; termini tutti
che indicano o la lontana origine dei vari gruppi da cui discendono gli attuali
Lucani o i diversi popoli che, nel corso dei secoli, hanno, più o meno a lungo,
abitato nel territorio della regione.
Verso la metà del
1200 vennero nel meridione italiano e in Sicilia immigrati piemontesi dal
Monferrato, forse per sfuggire a persecuzioni religiose. La presenza di colonie
galloitaliche è accertata in Basilicata a
Picerno, Pignola, Potenza (città vecchia), Tito e Trécchina. Tracce sparse più o
meno consistenti di una parlata di tipo piemontese si raccolgono nei dialetti di
Rivello, Némoli, Trecchina, San Costantino e pochi altri
paesi della zona circostante Potenza e
Maratea.
Un'altra massiccia immigrazione si ebbe
dall'Albania, più propriamente dalle colonie albanesi dell'Epiro (Grecia
settentrionale) e da Korona nel basso Peloponneso, iniziata della metà del 1400,
all'epoca di Giorgio Castriota detto Skanderbeg, e protrattasi per circa due
secoli. Gli albanesi popolarono in Basilicata
cinque comuni, tutti in provincia di Potenza: Barile,
Brindisi di Montagna, Maschito, San Costantino Albanese, San Paolo Albanese (già
Castelnuovo Lucano). Gli stanziamenti albanesi si formarono stabilmente a
partire dal 1534, dopo la caduta della fortezza di Corone nelle mani dei Turchi.
L'isolamento di questi gruppi etnici e delle loro parlate, acuito dalle
disparità delle tradizioni e dei sistemi linguistici, se da un lato ha
contribuito alla conservazione dei patrimoni culturali dei paesi più appartati,
dall'altro ha accentuato la loro usura nei centri più aperti ai contatti con le
popolazioni locali.
Non esistono
fenomeni linguistici specifici tali da identificare tutto e solo il territorio
della Basilicata. La Basilicata è linguisticamente una regione tutt' altro che
unitaria, essendo caratterizzata da una congerie di
parlate molto distanti fra loro se non nello spazio, nel sistema linguistico,
tanto che spesso dobbiamo parlare di idioletto piuttosto che di koinè
dialettale. Fondamentalmente nella regione si possono distinguere quattro tipi
di istituto linguistico, dei quali uno è parlato da tutta la comunità lucana, il
secondo dalla maggior parte, il terzo in due zone ristrette di territorio, il
quarto da poche comunità, e cioè:
1.
l’italiano comune quale lingua ufficiale;
2.
i dialetti romanzi indigeni (risalenti
direttamente alla romanizzazione svoltasi nell’antichità);
3.
i dialetti romanzi allogeni, cioè di
importazione seriore (i dialetti gallo-italici di origine piemontese),
4.
i dialetti alloglotti (albanesi).
Data l’assenza di un
centro urbano di irradazione di modelli linguistici, alla pari di Napoli, Milano
o Torino, e data la posizione intermedia della regione fra Campania, Puglia e
Calabria, la Lucania dialettale costituisce una zona di transizione
contrassegnata dallo scaglionamento di isoglosse originate da innovazioni
linguistiche tipiche di ognuna delle regioni vicine. Questa considerazione vale
per i fenomeni di evoluzione prodottisi in epoca medievale e moderna.
Nell’antichità la situazione era diversa. Insieme alla Calabria settentrionale,
la Lucania si trovava allora alla periferia del dominio linguistico
latino-romanzo, ossia al confine con la grecità calabra. Nel suo territorio
montagnoso e discosto dalle grandi vie di comunicazione dell’Impero romano
sedimentarono le fasi arcaiche di parecchie innovazioni databili nella tarda
antichità e conservate parallelamene, in misura ora maggiore ora minore , in
altre zone spiccatamente arcaiche della territorio romanzo, quali la Sardegna e
la Dacia. In base ai suoi numerosi e svariati arcaismi alcuni studiosi hanno
potuto attribuire alla Lucania la qualifica di spartiacque tra la romanità
intertirrenica e la romanità interadriatica.
Fu Heirich Lausberg,
ordinario di filologia romanza all’Università di Paderborn, che nel 1937
svolse per la prima volta le sue inchieste dialettologiche nella parte
meridionale della regione e ne fece un’opera fondamentale per la dialettologia
italiana. Lausberg trovò delle concordanze linguistiche tra la Sardegna e la
parte meridionale della Basilicata ed altri paesi della Calabria settentrionale.
La zona esaminata dal Lausberg viene chiamata “Mittelzone” o “zona Lausberg, o, nella terminologia italiana, “zona calabro-lucana”. I paesi in cui Lausberg
condusse le sue inchieste sono:
Nova Siri, Rotondella,
Tursi, Colobraro, Senise, Francavilla sul Sinni, S. Giorgio Lucano, Noepoli,
Valsinni, Cersosimo.
Dopo aver studiato i dialetti di questi paesi
Lausberg avvertì l’ importanza di una più accurata esplorazione della zona da
lui chiamata “Vorposten” (avamposto), avendo essa un valore decisivo per la
valutazione e la critica linguistica tra l’ Italia meridionale e i Balcani.
Quasi 40 più tardi, lo studioso tedesco Rainer Bigalke, allievo di Lausberg,
eseguì le ricerche auspicate dal maestro nella “zona avamposto” registrando le
parlate di 32 comuni, tra i quali Gallicchio. Sulla base di queste ricerche
Bigalke ha osservato nei suoi successivi lavori come la Basilicata rappresenti
dal punto di vista linguistico/dialettale "un ponte tra la Sardegna e la
Romania".