Vocalismo tonico
(cfr. anche
Elementi di fonologia e fonetica: le vocali)
Il vocalismo, il
sistema, cioè, della vocali di una determinata lingua o dialetto, è il criterio
fondalmente per distinguere le grandi famiglie di lingue. Per una corretta
classificazione dei dialetti lucani è necessario, quindi considerare, i tipi di
vocalismo che si registano nella regione. Nel territorio romanzo esistono
cinque tipi di passaggio dal sistema vocalico latino a quello delle varie lingue
volgari. Le dieci vocali latine (ī, ē, ā, ō, ū, lunghe, e ĭ, ă, ě, ŏ, ŭ
brevi) evolvono
in tipi di vocalismo di sette, di sei, di cinque vocali. Nel latino classico la
quantità della vocale era importante dal punto di vista fonologico, perché
poteva cambiare il significato della parola (per es.
pŏpŭlus:
popolo, pōpŭlus: pioppo; pālus:
palo; pălus: palude). Nel latino
volgare le quantità non sono più rilevanti dal punto di vista fonologico. Il
crollo della quantità crea nuovi sistemi vocalici nelle lingue romanze. Tutti
questi sistemi sono presenti in Basilicata che è l’unica zona di tutto il
territorio romanzo dove c’è questa coestistenza.
Basandosi sullo sviluppo
delle vocali toniche si possono distinguere in Basilicata cinque zone
dialettali:
a) Zona calabro-lucana o “zona Lausberg”, che
interessa una fascia di territorio che va da Maratea a Diamante sul Tirreno al
versante ionico verso Sibari, a sud, e lungo la linea del fiume Agri, a nord.
Appartengono a questa zona i seguenti paesi: Aliano, Tursi, Rotondella, Nova
Siri, Valsinni, Senise, Colobraro, San Giorgio Lucano, Noepoli, Cersosimo,
Terranova di Pollino, Francavilla sul Sinni, Fardella, Teana, Calvera, San
Chirico Raparo, Carbone, Castel Saraceno, San Severino Lucano, Episcopia,
Rotonda, Viggianello, Castelluccio inf., Castelluccio sup. In questo gruppo di
paesi si ravvisa una situazione di singolare arcaicità del sistema vocalico,
permane un vocalismo basato su cinque vocali senza distinzioni di apertura e di
chiusura delle vocali /e/ ed /o/, ripetendo condizioni che hanno riscontro solo
nella Sardegna e nella Corsica meridionale e che riflettono un momento più
antico, preaugusteo, della lingua latina, corrispondente a una fase di arresto e
di difficile penetrazione della conquista romana, verso sud in rapporto agli
ostacoli naturali e alla resistenza opposta dalle popolazioni locali.
b) Zona centrale (centrale perché questa zona si
trova soprattutto all’interno della Basilicata: è il cosiddetto avamposto) che
interessa un territorio oggi ristretto intorno a Castelmezzano tra Matera e
Potenza, ma un tempo verosimilmente molto più esteso verso oriente fino alle
coste dell'Adriatico. Ne fanno parte i seguenti paesi: Chiaromonte, Castronuovo
Sant’ Andrea, Sant’ Arcangelo, Roccanova, San Martino d’ Agri, Alianello,
Gallicchio, Missanello, Armento, Pietrapertosa, Castelmezzano, Anzi,
Campomaggiore, Albano di Lucania, Trivigno, Brindisi di Montagna, Corleto
Perticara e Guardia Perticara (ambedue con una parte del loro vocalismo). In
questa zona si distingue tra /ĭ/ breve ed /ī/ lunga latine, con esiti
differenziati (pépë, latino pĭper
e filë, latino fīlat), ma
non tra /ŏ/ breve e /ō/ lunga (córë, latino
cŏr, e sólë, latino
sōl), mentre /u/ latina, sia breve
che lunga, dà luogo a un unico esito /u/ (fùrchë, latino
fŭrca, e lùnë, latino
lūna). È stato rilevato che queste
condizioni nel loro insieme trovano riscontro nel vocalismo del romeno, la
lingua dell'antica Dacia, conquistata dall'Impero nel II secolo d.C., e pertanto
rappresentano la proiezione transadriatica di questa fase della lingua latina
documentata nei dialetti lucani.
c) Zona Napoletana. Questa zona, formata dalla
Basilicata settentrionale, presente il sistema vocalico che è alla base dello
sviluppo del vocalismo tonico in tutte le altre lingue romanze e per il quale è
caratteristica la fusione della /ĭ/ breve e della /ē/ lunga del latino in /e/,
poi la fusione della /ō/ lunga e della /ŭ/ breve dle latino in /o/. Questo
sistema vocalico innovatore cominciava a nascere già nel primo secolo dell’
impero romano in Campania e presto diventava norma anche a Roma. Fanno parte di
questa zona paesi come per es. Matera, Tricarico, Laurenzana, Calvello,
Potenza.
d) Zona Siciliana. Si tratta di una ristretta area
marginale isolata intorno al golfo di Policastro, nella Lucania latina antica,
al di sopra della zona a vocalismo arcaico, nei centri di Ascea, Alfano,
Camerota e, più all'interno, Lauría. Il sistema vocalico di tipo siciliano fu
introdotto da coloni trasferiti dall'Isola in quella zona in epoca tarda (secolo
XII-XIII) ed è caratterizzato dalla fusione della /ī/ lunga, della /ĭ/ breve e
della /ē/ lunga del latino in /i/ , mentre la /ū/ lunga, la /ŭ/ breve e la /ō/
lunga del latino si fondono in /u/. Attualmente si trovano relitti di questo
vocalismo, tipico oltre che della Sicilia, della Calabria centro meridionale,
del Cilento meridionale e della penisola salentina, a Acquafredda e Maratea.
d) Zona di transizione (“transizione”, perché una
volta coincideva con la zona napoletana ed in seguito si è creato un sistema
vocalico simile a quello siciliano). Di questa zona fanno parte per es. i paesi:
Pisticci, Ripacandida, Tolve, San Chirico Nuovo, Calciano, Grassano, salandra,
Garaguso, Gorgoglione, Accettura.
I
sistemi vocalici che caratterizzano i dialetti lucani si possono così
schematizzare:
ZONA CALABRO-LUCANA (Vocalismo di tipo “arcaico” o “sardo”)
ZONA CENTRALE (Vocalismo di tipo “orientale” o
“romeno” o “asimmetrico”):
ZONA NAPOLETANA ( Vocalismo di tipo
“maggioritario” o “comune”):
ZONA SICILIANA (Vocalismo di tipo “siciliano” o
“alla greca”, convergente sulle vocali estreme):
ZONA DI TRANSIZIONE (Vocalismo convergente
sulle vocali mediane):
Il vocalismo tonico in Basilicata è caratterizzato da tre
principali fenomeni:
le vocali che in latino si trovano in sillaba aperta, cioè in
sillaba terminante per vocale, sono generalmente chiuse nei dialetti;
le vocali che nel latino si trovano in sillaba chiusa, cioè in
sillaba terminante con consonante, sono generalmente aperte nei dialetti;
le vocali toniche /ē/, /ě/, /ō/, /ŏ/, che nel latino oppure
nell’italiano si trovano in parole in cui le vocali finali siamno una /–i/ o una
/–u/ cambiano completamente per effetto della metafonesi o metafonia, processo
di armonizzazione tra due o più foni. In particolare, ciò avviene per i
sostantivi e gli aggettivi maschili singolari (terminazioni latine
-us,
-um) e plurali (terminazione
latina -i), rispetto ai
corrispondenti femminili singolari e plurali (terminazioni
-a, -ae), ma anche nella
coniugazione di alcuni verbi. La metafonia può avvenire in tre modi diversi:
per innalzamento: La /e/ e la /o/ passano normalmente a /i/ e,
rispettivamente a /u/;
per
dittongazione: la /e/ e la /o/ dittongano generalmente in /ie/ e in /uo/ (ma
anche ua) ascendenti o discendenti.
per
monottongamento; molto spesso, il dittongo è ritratto sul primo componente, e
così l'esito metafonetico diventa [ie] > [i:], [uo] > [u:].
La metafonia interessa tutta la Lucania, fatta eccezione del
territorio di sud-ovest a vocalismo arcaico e conservazione delle vocali finali.
La distribuzione di questo fenomeno vede la Lucania allineata sugli esiti
napoletani e pugliesi, con la caratteristica opposizione fonomorfematica tra
maschile e femminile, singolare e indicativo e tra prima o terza e seconda
persona singolare del presente indicativo dei verbi: chìinë, chiénë
(pieno, piena), frìddë, fréddë (freddo, fredda); mésë,
mìsë (mese, mesi); pédë, pìëdë (piede, piedi); sùlë,
sólë (solo, sola); mùscë, móscë (moscio, moscia); nëpótë,
nëpùtë (nipote, nipoti); vólpë, vùlpë (volpe, volpi);
grù(o)ssë, gròssë (grosso, grossi); vóië, vùie (bue,
buoi), ecc. E per i verbi: crédë; crìdë (io credo, tu credi);
védë, vìdë (egli vede, tu vedi); dòrmë, dùrmë (io
dormo, tu dormi), ecc.
In generale le vocali toniche lucane si conservano intere da
turbamenti e frangimenti in dittonghi, così caratteristici dei dialetti pugliesi
e abruzzesi. Solo i paesi della fascia orientale al confine con la Puglia
presentano vocali miste e turbate e qualche dittongazione. Il caso più
rappresentativo è quello di Matera, che registra condizioni vocaliche di tipo
nettamente pugliese, con la palatizzazione della vocale /a/ in sillaba aperta (fäfë,
fava) e velarizzazione della stessa vocale in sillaba chiusa (stòddë,
stalla). Un'altra peculiarietà del dialetto materano consiste nella
palatizzazione di /u/ (mìlë, mulo) e inversamente nella velarizzazione di
/i/ (fùgghië, figlio). Altro tratto notevole è la propagginazione della
vocale /u/ dell'articolo dietro velare /c/ (cuànë, il cane) a Matera, e
talvolta anche dietro altra consonante (u fuìgghië, u fuìglië, il
figlio) a Miglionico e a Melfi. Si tratta di un fenomeno largamente documentato
in Puglia e in Abruzzo e presente sporadicamente anche in Calabria.