DIZIONARIO DIALETTALE DI GALLICCHIO

a cura di Maria Grazia Balzano

 

GALLERIA FOTOGRAFICA: CENNI STORICI

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Il palazzo Coppola, detto "baronale"

 

   

Il Palazzo baronale, che  sorge nella zona bassa del paese nei pressi di Piazza Vittorio Emanuele I, fu  costruito intorno agli anni venti del XVII secolo, quando  Don Giovan Giacomo III Coppola, 3° marchese di Missanello e signore di Gallicchio e Castiglione,  ottenuto il titolo Principe di Gallicchio con diploma del 30-1-1623, spostò la sua residenza da Missanello a Gallicchio. Il tavolario Salvatore Pinto, incaricato di stimare i beni del principe Coppola, messi all'asta dal Sacro Regio Consiglio, supremo tribunale del Regno di Napoli,  ci ha fornito nel suo "Apprezzo delle terre di Gallicchio e Missanello della provincia di Basilicata fatto il 24 luglio 1642 " un'accurata descrizione delle forme che l'edificio aveva  nel 1642. L'Arch. Lucia Caradonna  ha comparato in modo dettagliato l'antica struttura del palazzo con quella attuale nella sua Tesi di Laurea "Apprezzo delle terre di Gallicchio, Missanello e Castiglione" nella quale si può leggere l'intera trascrizione del testo manoscritto di Salvatore Pinto, di cui riportiamo un breve brano:

"(..) Se ritrova poi l'habitatione del Padrone fatta novamente ne è ancor finita la quale è nel mezzo di essa Terra (di Gallicchio, n.d.r), havendo l'ingresso dalla parte di Ponente, e l'aspetto dalla parte di mezzo giorno è sopra la piazza di essa terra, consistente in uno intrato grande, e tonno lavorato di stucco, è mattoni con cornicioni di sopra i medesimi materiali per quanto contiene detta porta, serrandosi con porta semplice di castagno (...) dalla parte poi di fuora esso Palazzo se ritova una Cappella la quale conforme dimostra è inclusa dentro la pianta di essa Casa, però dicono sia dell'Università , celebrandosi in essa cotidianamente per ordine del signor Principe padrone di essa Terra (..) E dalla parte di sotto di esso Palazzo verso la piazza di detta Terra è un magazzino grande che è  per il contenuto di una parte della sala, et anticamera, et appresso un altro magazeno, che è per quanto contiene il Camarone, e loggia coverta."

Questa testimonianza se da un lato smentisce  la tesi  comune che nella parte sottostante del Palazzo ci fossero le carceri, che invece, si trovavano, a detta dello stesso Pinto (cfr. Contributo alla storia di gallicchio, Appendice), in un edificio di fronte alla chiesa di S.S. Maria Assunta (forse l'antica dimora medievale dei feudatari di Gallicchio), dall'altro conferma l'esistenza della cappella di San Sebastiano di cui oggi non è rimasta alcuna traccia, ma che era ancora in piedi all'inizio del XIX secolo visto che dal 1799 al 1807 accolse le funzioni liturgiche a causa nell'inagibilità della chiesa Madre.

Il Palazzo baronale, che è di forma rettangolare impostata  su due ordini con finestre tardo rinascimentali e cornicioni terminali, presenta due corpi separati da un cortile ed è caratterizzato da vasti ambienti nonchè da un ingresso voltato, a cui si accede attraverso l'area cortilizia,

 su cui è riprodotto  lo stemma dei Coppola inquartato con le armi dei Caracciolo, Principi di Avellino, dei Di Sangro, Duchi di Vietri e dei De Lannoy, Duchi di Boiano, prestigiose famiglie  dell'epoca con le quali i Coppola si era imparentati tramite i matrimoni del marchese Giovan Giacomo II con Donna Vittoria Di Sangro, figlia di Don Fabrizio 1° Duca di Vietri e di Laura Caraccioloe, e  del Principe  Giovan Giacomo III con Crisostoma Caracciolo, figlia di Don Antonio Signore di Agropoli, dei Principi di Avellino,  e di Donna Giulia di Lannoy, 3a Duchessa di Boiano (per l'interpretazione delle armi dello stemma cfr. Contributo alla storia di Gallicchio 5)

Nell'ingresso voltato si può ammirare un altro stemma affrescato, che non sembra appetenere a nessuna delle famiglie feudatarie propretarie dell'edificio. Il Palazzo passò, infatti, dai Coppola a Beatrice Carafa, da questa al figlio Giovan Battista Pignatelli,  poi a Elisanetta Van Den Einden Piccolomini Carafa, ai Baroni Lentini e infine alla famiglia Attolini, i cui membri  pur fregiandosi del titolo di "baroni", abitarono l'immobile da semplici cittadini, dopo l'abolizione dei privilegi feudali avvenuta nel 1806 (cfr. la riproduzione degli  stemmi di queste famiglie in Elenco dei feudatari di Gallicchio e Missanello).

(Il leone saliente verso il sole rosso, che in araldica simboleggia il potere, potrebbe, forse, essere la rappresentazione figurata  e la celebrazione dell'ascesa di Giovan Giacomo III Coppola nella scala nobiliare con l'acquisizione del titolo di Principe di Gallicchio)

Gli  eredi della famiglia Attolini furono  costretti agli inizi del 1900 a vendere l'edificio  a diversi  propretari del luogo. La parte occidentale fu acquistata dalla famiglia Pocobelli, prima, e dalle famiglie Di Pierro  e Caradonna, poi. 

La parte orientale fu donata alla parrocchia di Gallicchio, per intercessione del sacerdote Don Rocco Caradonna, dall'ultima baronessa Attolini, emigrata in Argentina: la donazione fu finalizzata ad uso esclusivamente pastorale ed in particolare all'istituzione di un asilo infantile

Gli interni del Palazzo sono stati profondamente modificati nel tempo dai vari propretari prima che nel 1979 la Sovrintendenza  per i Beni Ambientali e Architettonici della Basilicata ponesse dei vincoli di tutela, come bene di interesse artistico e storico. Nel 2006 il Comune di Gallichhio, avuto il comodato d'uso dalla parrocchia, e la delega  dagli altri propretari, ha avviato i lavori di recupero strutturali e architettonici della struttura che sono quasi alla fine.

 

Due particolari dell' esterno del Palazzo prima del restaro

 


Bibliografia:

Lucia Caradonna, Apprezzo delle terre di Gallicchio, Missanello e Castiglione , Tesi di Laurea, Facoltà di Architettura, Università  degli Studi di Napoli "Federico II", a.a 1997-1998

P. Tito Robertella, Rocco Robertella, Nuove Luci Lucane, Parte I, Avellino, 1989.

Mario Sanchirico, Gallicchio. Società e vita politico-amministrativa (dalle origini all'Unità), Potenza,  2009

Luigi Volpe, Gallicchio in cartolina, Avellino, 2005