UN PAESE DA SCOPRIRE

DIZIONARIO DIALETTALE DI GALLICCHIO

a cura di Maria Grazia Balzano

 

Il fuoco di San Giuseppe

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 | LE TRADIZIONI RELIGIOSE: la Festa della  Madonna  del  Carmelo; la  Festa  di San Rocco; la Festa del Corpus Domini il  Sepolcro;|

| IL FUOCO DI SAN GIUSEPPE |  L'UCCISIONE DEL MAIALE |

 

       

Nella cultura tradizionale, da sempre, il fuoco segna i momenti di passaggio del ciclo dell’anno, come la fine della brutta stagione e delle fredde ed umide giornate invernali.  L’analisi delle tradizioni legate al fuoco ha rivelato quanto sia lontana nel tempo la loro origine e quanto queste pratiche siano diffuse un po’ ovunque nei paesi dell’Europa occidentale.  L’uso rituale di questo elemento, del resto, risale ad un periodo che precede la diffusione della religione cristiana, ai riti celtici delle cadenze calendariali vicine ai due solstizi. Il fuoco si  presenta in  una doppia veste simbolica. Da un lato esso rappresenta la distruzione di tutto ciò che angoscia la comunità (la fame, la malattia, la morte) ed è per questo che sui roghi spesso bruciano fantocci e streghe di paglia o l’effige della Morte; dall’altra si presenta come rigeneratore per eccellenza, essendo  considerato promotore della crescita dei raccolti, e del benessere dell’uomo e delle bestie, o positivamente stimolandoli, o negativamente stornando i pericoli e le calamità che li minacciano da cause come tuoni e lampi, incendi, golpe, muffa, insetti, sterilità, malattie.

La tradizione dei  falò  che  illuminano e riscaldano le vigilie di alcune festività del calendario cattolico sono nati dalla fusione, attraverso secoli e percorsi intricati, della più lontana religiosità arcaica con la nuova religiosità cristiana.

Il rito della vampa di San Giuseppe, che coincide con la fine dell'inverno e l'inizio della primavera, è una delle  testimonianze del passaggio di elementi pagani nella religiosità popolare, elementi che sono stati assorbiti e risignificati in funzione del culto cristiano. Nella tradizione popolare, infatti,  il fuoco costituisce un’offerta al Santo che patì  il freddo nella grotta di Betlemme e che bruciò il suo mantello e andò di casa in casa a alla ricerca di di un pò di brace per riscaldare il Bambino Gesù e la Madonna.

In Basilicata molte sono  le località che conservano l'usanza di accendere il fuoco la sera del 18 marzo. Anche a  Gallicchio, nonostante recentemente le locali forze dell'ordine, per motivi di sicurezza, abbiano  posto delle limitazioni e dei divieti (non si può , per esempio, alimentare il fuoco dopo l'accensione), la tradizione del fuoco di San Giuseppe appassiona ancora i ragazzi e i giovani che qualche giorno prima della ricorrenza cominciano ad ammucchiare gli scarti della potatura degli olivi e delle viti, i fasci di ginestra ecc... (la cosidetta  "fràschë")

In passato  si cominciava a raccogliere la  "frasca" per il fuoco già  una

ventina di giorni prima della sera della vigilia di San Giuseppe.  Quando l' urbanizzazione  lasciava ancora ampi spazi e campi all’interno del centro abitato i tre principali rioni del paese "Mbéd'a tèrrë" (la zona bassa del borgo, "a Chiàzzë" (la zona centrale) e "Ngàp'a tèrrë" (la zona alta)  potevano  vantare  un  proprio fuoco, e ciò  alimentava  una sorta di gara, o disputa, a chi faceva il fuoco più alto, più grande o che durava più a lungo. Nei giorni immediatamente a ridosso dell'accensione del falò gli abitanti del quartiere  si muovevano  in massa, con i bambini in prima linea,  per andare a  tagliare i lecci, considerati la "frasca" più pregiata, e per trovarne uno molto alto detto "pëdanàlë " da piantare al centro del fuoco (il prestigio del falò dipendeva anche dall'altezza del "pëdanàlë"). Di sera  si formavano piccole bande di ragazzi che giravano per i rioni nel tentativo di  bruciare  la "frasca”  degli altri, così si organizzavano turni di guardia con bidoni da percuotere  dalle sentinelle pronte a fare schiamazzo e avvisare il rione  del pericolo.  Nel luogo prescelto per la festa veniva scavato un buco per piantare il leccio più alto  e  tutto intorno venivano appoggiati i lecci piu piccoli, le ginestre, i rami d'ulivo ecc.  Di solito un adulto esperto aveva il compito di accendere il falò in modo accurato e omogeneo. Poi tutti guardavano ammutoliti  le fiamme alzarsi e ascoltavano il crepitìo degli rami che ardevano. La mattina successiva era consuetudine per ogni famiglia prendere un pò di brace ancora ardente dal fuoco per portarla nella propria abitazione come buon augurio.

Attualmente la sera  del 18 marzo  viene fatto un solo falò nel piazzale antistante la Chiesa di San Giuseppe (Piazza Papa Giovanni XXIII), dove viene trasportata della terra  che serve da base al materiale ammassato  in forma  conica  per l'accensione che avviene intorno alle ore  21.00.

La gente si raccoglie intorno per ammirare e valutare la grandezza del fuoco,  che offre  ancora oggi  l'occasione di ritrovarsi, in amicizia e divertimento, per celebrare  un rito che ha perso il suo carattere magico,  ma da cui   traspare ancora un forte legame con il nostro antico passato.