Tutti
i paesi della Lucania, fino alla metà del novecento, erano prevalentemente
agricoli e gli abitanti erano
quasi tutti dediti
ai lavori dei campi. Le case erano tutte simili tra loro, così gli
oggetti che le arredavano.
La casa del contadino era veramente povera sia nella costruzione che
nell'arredamento. Le costruzioni, in generale, erano fatte di pietra
viva e calce o di mattoni e calce e non sempre erano
intonacate esternamente. Internamente invece, la parte abitata dalle
persone era intonacata ed ogni tanto veniva
imbiancata con calce viva dal momento che durante l'inverno si
abbruniva per il fumo proveniente dal fuoco e dal forno. Il pavimento
era generalmente fatto di mattoni di creta ,
il cielo era di canne intrecciate (a ngannàtë)
e travi.
La casa solitamente era di un solo ambiente; il letto, formato da
due supporti di ferro (i trastìellë)
su cui poggiavano le tavole, alto a volte mt.
1,50/1,60
(sotto circolavano gli animali presenti in casa), era situato su una delle pareti dell'abitazione ed
orientato in modo tale che quando la persona dormiva i piedi non
fossero diretti verso la porta .
Sotto il materasso di lana (oppure di stoppa o di
capecchio) era sistemato il «sacco», che era riempito
di foglie di
granturco che, durante i movimenti, rompevano il silenzio della
notte. La mattina il sacco provvisto di aperture, veniva ravvivato per dargli volume.
Intorno alle restanti pareti venivano sistemati i letti dei figli
più grandi, e quando la famiglia era numerosa ed in casa non c'era
posto, nello stesso letto dormivano due o più figli. I figli piccoli dormivano nel letto dei genitori.
Alla parete sovrastante il letto matrimoniale erano sospesi ad un
chiodo immagini di santi o qualche fotografia di cari lontani o
morti, incorniciati in modo molto semplice.
Componevano inoltre l'arredamento della casa alcuni sedili
di legno a tre piedi (i scannìellë),
qualche sedia impagliata, un piccolo tavolo (a bbuffèttë), delle casse di legno
per la biancheria e gli alimenti, la culla (a nàchë)
sospesa alle travi.
Nel porta-barili
(u varëllàrë) venivano riposti i barili
che servivano per l'approvvigionamento di acqua per la casa
e che erano
trasportati su un animale (asino, cavallo o mulo)
o sul capo delle donne.
L'acqua veniva attinta dal barile un recipiente a
forma di tronco di cono formato da doghe di legno poste l' una vicina
all'altra, legate tra loro da una cintola di legno o di ferro
(a
galéttë),
o con l' orciuolo, recipiente di terracotta tondeggiante e panciuto
con due anse laterali e terminante con un collo molto stretto
(u
vùmmëlë).
Una
struttura
di legno pensile (a
ppënnëràmë)
veniva utilizata per appendere pentole
e attrezzi da cucina.
Agli angoli della casa
(ndi ngògnë), venivano riposti gli
attrezzi leggeri di lavoro: zappe ed altri
attrezzi forniti di lunghi manici (i stìlë).
L'unica fonte di luce era, quasi sempre, la porta che si componeva
di tre parti: una parte, generalmente fissa, chiudeva metà
dell'uscio, e nella parte inferiore di essa vi era un foro circolare
che serviva per fare entrare i gatti. L'altra metà era divisa in due
parti: una superiore e una inferiore; quella inferiore veniva chiusa
con un paletto di legno posto ad incastro (u salascìnë), mentre quella superiore
veniva chiusa da una serratura (a mašcatùrë) azionata da chiave piuttosto grande.
D'inverno, quando il vento spirava in senso contrario, usciva dal
camino fumo accecante che riempiva la casa, per cui era necessario
tenere aperta la porta.
Il camino era indispensabile in ogni casa; il fuoco vivo dava luce,
calore e vita.
Al fuoco d'inverno veniva messa costantemente una pentola di creta
(a pëgnàtë) dove
cuocevano fagioli, lenticchie, ceci, legumi in genere, essendo
questi il cibo costante e prevalente del contadino. Il
focolare era fornito di una molla di ferro per la
brace, di un soffione (u iatafùochë),
di una serie di palette e di un arnese in ferro battuto formato
da grossi anelli e da ganci tutti uniti tra loro per appendervi la
caldaia sul fuoco in sostituzione del treppiede
(a camàstrë).
Nei pressi del fuoco era sospeso alle travi un lungo pezzo di legno,
una verga, dove d'inverno venivano appese la salsiccia, la
soppressata, il lardo, la vescica del maiale riempita di sugna e
salame. Tutti questi prodotti erano stagionati in
modo eccellente dal fumo proveniente dalla focolare. Su questa stessa
verga sospesa, d'estate, si appendevano peperoni, peperoncini, pomodorini ed
altri prodotti ortofrutticoli da conservare per l'inverno e
infilati insieme in filze (i sèrtë)
Ogni casa era fornita di forno, ubicato internamente o appena fuori
la porta, il quale veniva usato in media una volta alla settimana
per provvedere a fare il pane per il normale consumo.
In ogni casa, poi, c'erano gli attrezzi per fare il pane: il
recipiente di legno che serviva per ammassare e far lievitare la
farina (a fazzatùrë),la spianatoia (u taulìellë),
le
pale di legno, per porre nel forno il pane da cuocere, il tirabrace (u
rastìellë), il frusciandolo per pulire il piano focolare
del forno (u mùnnëlë).
La donna di casa la sera prima della preparazione del pane poneva
il lievito naturale, che conservava di volta in volta in una piccola
ciotola,
in un recipiente più grande aggiungendovi farina e acqua
per raggiungere la quantità sufficiente alla panificazione (auzàv' u crëscéndë). La mattina presto del
giorno seguente la massaia impastava la farina, dopo avervi unito il
«crëscéndë», e
quando la pasta era ben lievitata preparava le pagnotte (i
šcanàtë). Prima di infornare le «šcanàtë» si cuocevano le pizze (i
strazzàtë), le focaccie (i fëcàzzë),
i « pëcciulatìellë»,
ciambelle di pane molto morbido.
Se la casa del contadino era fornita di finestra, sul davanzale
veniva posta una pianta detta «rëcchézzë» quale auspicio per fugare
la temuta e vissuta povertà.
Ai due spigoli inferiori della finestra, alla distanza di circa
20/50 centimetri da ogni spigolo, vi erano due fori da cui
fuoriuscivano due pali ben conficcati nel muro. Sopra questi pali
veniva posto un piano formato da canne legate tra loro
con fili di salice e di spago. Su questo piano (a lëttérë),
generalmente esposto a mezzogiorno, venivano appoggiati dei cesti molto originali
fatti di rami di ginestra intrecciati (i cëstarìellë) che
contennevano i prodotti della terra, ortaggi e frutta, le
conserve e salse di pomodoro da essiccare.
Nelle case non vi erano servizi igienici.
Le persone andavano a fare i propri bisogni nella campagna
circostante la casa di ognuno. Si era stabilita spontaneamente una
specie di consuetudine, secondo la quale, ad un determinato posto
andavano le donne ed a una certa distanza, in modo da non vedere le
donne e non essere da queste veduti, si sistemavano gli uomini.
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