IL "LA TRADIZIONE

 ORALE

DIZIONARIO DIALETTALE DI GALLICCHIO

a cura di Maria Grazia Balzano

Note PER LA LETTURA DEI TESTI

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Nella trascrizione dei testi dialettali ho utilizzato, come per il vocabolario, i segni ortografici delle lingua italiana integrandoli con alcuni segni speciali:

il segno ë che indica le vocali atone indistinte, caratterizzate da un suono molto debole,  che si trovano sia nel corpo e che alla fine della parola, per es. cëcàlë: cicala, sàbbëtë: sabato, rìrë: ridere.

il segno h che indica la fricativa velare sonora, un suono estraneo all'italiano che consiste in una leggera aspirazione della g velare,  per es. néhë: neo, statéhë: stadera.

il segno š che indica la fricativa alveopalale sorda,  cioè la sc palatale scempia, cioè non rafforzata come è sempre quella della lingua italiana, per es. šcànàtë: pagnotta,  šucà: giocare.

il segno û che indica la semiconsonante labiovelare , per es.  làûë: lago, truûà: trovare.

il segno ż che indica l'affricata dentale sonora, per es. rùnżulë: lamento, żanżàrë: zanzara.

Ho segnato l'accento grafico su tutte parole: sdrucciole (per es. cénnërë: cenere, òmmënë: uomo), piane (per es. cànë: cane, uagliónë: ragazzo), piane con vocale in iato (sempre dittonghi discendenti con la la vocale atona chiusa) (per es. pìedë: piede, bbùonë: buono),  tronche (per es. ggià: già, mangià: mangiare). Alcuni lemmi hanno richiesto l'uso di un accento secondario (segnalato ˘) oltre a quello del culmine della parola (accento primario), per es. fëchĭ: picchiare. Sopra  la  a , la i e la u  ho sempre posto l'accento grave, sopra la  e e la o l'accento  grave per i suoni aperti, per es. bbèllë: bello/a, rròbbë: roba ,  e  l'accento acuto per i suoni chiusi, per es. névë: neve, cósë: cosa.

Ho utilizzato l’apostrofo anteposto o posposto per indicare la caduta di una o più lettere. Il dialetto gallicchiese (come anche altri dialetti centro-meridionali) fa largo uso dell’ aferesi,  dell’elisione e dell’ apocope. L’aferesi  è un fenomeno fonetico che consiste nella caduta dei suoni  iniziali di un vocabolo. In dialetto, oltre  alla caduta della vocale (aferesi vocalica, per es. ‘ccattà per accattà: comprare) è molto frequente quella di consonanti (aferesi consonantica, per es.,  ‘assa  per làssa:lascia) o di intere sillabe iniziali (aferesi multipla, per es. ‘ssu per cuìssu: codesto). L’elisione consiste nella soppressione di una vocale finale di una parola davanti  a un altra parola che inizia per vocale  per es. fënéstr’ apèrtë: finestra aperta. L' apocope indica, invece,  la caduta di una vocale o di una sillaba finale indipendentemente dall'incontro con un'altra parola,  come per es. nelle forme imperative va' per vàië: vai; fa' per fàië:fai. L’uso dell’aferesi, dell’elisione e dell’apocope è di solito dettato da esigenze eufoniche, alla maniera greca anche il dialetto rifiuta generalmente lo iato (l’incontro di due vocali che si pronunciano in modo separato).

Ho voluto, infine, tener  conto  di un  fenomeno fonetico e morfologico presente nel dialetto galicchiese, come in quasi tutti i dialetti centro-meridionali: il raddoppiamento fonosintattico, il raddoppiamento, cioè, di una consonante all'inizio della parola.

Tale rafforzamento, che è una caratteristica anche dell’ italiano ma con modalità leggermente diverse, si realizza per le consonanti  quando sono precedute immediatamente da:

·        parole ossitone (parole che portano l’accento sull’ultima sillaba), incluse  cchiù: più, tré: tre, no’: non;

·        le preposizioni : per, a: a (tranne nel futuro àggi’ a fa: farò);

·        le  congiunzioni e:e, o, : ne;

·        l’interrogativo  o cché: che?, cosa?

Es.: tré ppòrtë: tre porte vs na pòrtë: una porta; Cchè ffàcë?: Che fa?; attànëmë e ffratëmë: mio padre e mio fratello; pë nnu curtìellë cchiù   ggrànnë: con un cortello più grande; no’ ffàcë nìendë: non fa niente vs  nòn vòlë fa nìendë: non vuole far niente;  à ffàtt’ assàië: ha fatto molto vs àggë fàtt’assàië: ho fatto molto.