IL "GALLICCHIESE"

IN... BASILICATA

DIZIONARIO DIALETTALE DI GALLICCHIO

a cura di Maria Grazia Balzano

 

Il dialetto gallicchiese

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LESSICO DEL GALLICCHIESE

 

| L’elemento latino| L'elemento greco| L'elemento germanico| L’elemento francese| L’ elemento arabo| L’elemento spagnolo| L’elemento italiano|


L'elemento greco

Il greco č l'altro elemento fortemente caratterizzante il dialetto gallicchiese. Per le voci di provenienza greca č difficile dire se siano penetrate nelle parlate italiane  con l’antica colonizzazione ellenica che avvenne  dall' VIII sec. al III sec. a.C. o in seguito alla bizantinizzazione che cominciņ a imporsi fin dal secolo VII d.C.  Questa seconda ipotesi č, senz'altro, oltre che la pił seguita dagli studiosi[2], la pił probabile anche per la Basilicata. Non si puņ pensare, infatti, che il greco, dimenticato lungo le coste dove si parlava nei tempi antichi (mentre nell'interno si parlavano dialetti locali per lo pił di origine indoeuropea, come l'osco) si fosse diffuso e si conservasse in poveri villaggi sperduti fra i monti. Si deve pensare, dunque, che queste zone, latinizzate nel periodo romano, ritornassero greche nel periodo bizantino. Il bizantino si diffuse presso il popolo anche attraverso il culto religioso promosso dai monaci basiliani e ciņ fino all'XI secolo. Le differenze rispetto al greco antico si possono cogliere nelle difformitą fonetiche, nel diverso accento dei bizantinismi rispetto ai grecismi e nelle disparitą morfologiche. Nel lessico del dialetto gallicchiese, come in altri centri dell’alta e media Val d’Agri, c’č stata una ricca immissione di vocaboli greci alcuni dei quali sono conosciuti anche in Puglia, in Calabria e in Abruzzo, la maggiorparte s’incontrano solo in Basilicata e in Calabria, per es. :

 

allėssą

Aizzare, da lissąino (essere adirato). Il verbo allėssą si usa infatti soprattutto quando si vuole aizzare un cane contro qualcuno.

catarąttė Botola di legno attraverso la quale si scende in una stanza sotterranea, da katorģtto (sotterrare).

ącėmė

Azzimo, da ązimos (azzimo)

catłošė

 

Stanza sotterranea o al pian terreno adibita a magazzino, da katņgaios (locale interrato, sotterraneo)

allčrtą

Alzarsi in piedi, da aertąo (stare in piedi)

chėlłmmėrė

 

Fiorone, da kóloros (fico)

 

annacą

Cullare, da nake (pelle di capra o di pecora, pelle lanosa, pelliccia). Le culle pił antiche erano fatte con una semplice pelle di pecora o di capra legata con funi e sospesa alle travi del soffitto, come un'amaca.

chģrė chģrė

Verso con cui si chiama il maiale  da kóiros (maiale)

ąpulė

Molle, detto del guscio dell’ uovo, da apalņs (tenero, molle)

ciamłorrė

Forte raffreddore, da kamąi (a terra) + reo (scorro).

arrappątė

Rugoso/a, da rapto (cucire, rattoppare)

cėrąsė

Ciliegia, da kerasos (ciliegia)

arrassą

Mettere da parte, Allontanare, da arasso (battere, colpire, mettere da parte) oppure  da  allasso (abbandonare).

cģtrėnė

Di colore giallo da kģtrinos (giallo, colore del cedro)

attąnė

Padre, da atta, parola usata in senso affettuoso , non solo verso il padre , ma anche verso le persone anziane particolarmente care.

cłcchė

Cuculo, da kukkiłx (cuculo)

cacchėvė

Pentola alta e stretta, da kakkąbe (paiuolo per preparare il formaggio). 

cuccuvéllė

Civetta, da kakkabidos (civetta)

 

cąggė

Acacia, da akahģa (acacia)

cocłlė

La bacca di alcune piante, specialmente della quercia, da kokkos (bacca, galla)

camąstrė

Catena di ferro per appendere la caldaia sul fuoco, da kremastņs (appeso), derivato a sua volta dal verbo kremannłmi (appendere)

cofąnė

Cesto da carico, da cņphinos (cesta, corba )

 

caląnghė

Cavitą scosesa nei terreni argillosi da kaląo (allentare, abbassare, far cadere)

cunčssė

Scoppio rumoroso e, in particolare, Scorreggia, da kņnabos (rumore, strepito).

cąmbė

Bruco, da kampe (bruco)

cuttėnérė

Gonna, Sottana, da kitonąrion diminuitivo di kitņn (veste, chitone)

carņcchiė

Colpo dato sulla testa a pugno semichiuso con le nocche delle dita, da keir (mano)+ keo (scorrere)

cuzzčttė

Nuca, Occipite,  da kottģda (testa)

carusą

Tagliare, Tosare, da kéiro (tosare, tagliare)

énghiiė

Riempire, da enkčin (versare dentro, infondere, riempire).

casurģellė

Salvadanaio, sempre da kéiro, per la forma rotonda simile a una testa rasata

fazzatłrė

Madia, da masso (maneggiare, impastare)

fėllłnė

Tana della lepre, Luogo nascosto, chiuso da foleģa (permanenza nella tana)

matréiė

 

Matrigna, da matriją (matrigna)

frattģmė

Macchia intricata di sterpi, arbusti, erba alta, da fraktņs (luogo chiuso, siepe).

mbģzzė

All’estremitą, Sulla punta da peza (estremitą, orlo)

galéttė

Boccale di legno con manico, per l’ acqua, da galakt (concernente il latte). Forse perché il boccale in questione era in origine un recipiente per il latte.

mucą

Ammuffire, da mikes (fungo)

garąmmė

Fosso, Burrone, da karagma (spaccatura, fenditura)

mulģeghė

Frassino, da melģa (frassino)

garavģellė

Recipiente di legno a forma di tronco di cono per animali da soma, da gaulņs (mastello, recipente, vaso)

 

młnnėlė

Frusciandolo, Attrezzo per pulire il forno, da moléin (andare-venire) per il movimento che compie sul pavimento del forno

gąvėtė

Trogolo, da gabaton (scodella).

młrrė

Grande quantitą di animali, da murios (innumerevole)

grąstė

Coccio di terracotta, da gąstra con metastasi di /r/

 (parte inferiore, pancia di un vaso). In vari paesi della Basilicata meridionale grąstė significa: vaso di terra cotta per fiori.

 

nąsprė

Zucchero fuso per ricoprire i dolci da aspros (bianco) con protesi del suono /n/.

ičrmė

Povero disgraziato, infelice, oppure, Solo, detto di vedovo, da erhmos (abbandonato, lasciato solo)

nąchė

Culla, da nake (pelle lanosa)

 

ičrsė

 

Terreno incolto, arido , da kersos (incolto).

ngandarątė

L' insieme di alcune parti poco pregiate del maiale messe sotto sale in un grande vaso di terracotta, da kąntharos (coppa, vaso).

laghėnatłrė

Matterello, da lągalon (pasta a sfoglia sottile)

ngėgną

Cominciare, Iniziare, da enkainizo (inaugurare).

lģppė

Muschio, da lipos (grasso)

nzurą

Sposare, Sposarsi, da zéugnumi (legare unire in matrimonio), oppure dal latino  in+ uxorare (prendere moglie)

magąrė

Apertura praticata nella parete del caminetto, attraverso il quale il fumo passa dal focolare al camino, da mągheiros (cuoco, ciņ che attiene in genere alla cucina)

paracéllė

Piccola stalla per maiali o galline, da paraokia (casetta che sta a fianco)

mamóne

Orco, Essere immagginario mostruoso e crudele, spauracchio dei bambini, da mormņ (una specie di mostro femminile chiamato dalle nutrici per spaventare i bambini)

 

pąšė

Giogaia del bue, da paghe (pelle che pende sotto il collo del bue)

pėdąlė

Grosso recipiente per l’olio, da pitharion diminuitivo di pithos (vaso)

sąlmė

Soma dell’animale da carico da sagma (basto, carico)

pėdąnnė

Grosso vaso di terracotta, Giara, da pitacne (giara)

scalandrónė

Pertica con molti rami corti su cui i pastori appendono i loro attrezzi, da skalida (pertica, forcella)

pėląccė

Abbeveratoio, da piląkion (vasca)

scarą

Pettinare , da ex (da) + kara (testa) (togliere dalla testa)

pėlłsė

Piccolo formaggio, fatto con le mani con i rimasugli, da pella (secchia) e opson (companatico)

scėnghią

Strappare, Lacerare, da schizo (fendere, lacerare)

pėpėrģtė

Fungo di sapore piccante, da péperi (pepe)

sétulė

Staccio per la farina, da setho (setacciare)

pėsłlė

Sedile di pietra da pezłlion (banco di pietra).

sparahņgnė

Pianta selavtica che produce asparagi , da aspharagonģa (fogliame di piante di asparagi)

pėtrėsģnė

Prezzemolo, da petrosélinon (prezzemolo)

spąrė

Cercine, da spéira (qualsiasi cosa avvolta a spirale)

pņrchiiė

Lentiggini, da  pérkos-e-on  (chiazzato in nero)

stģlė

Il manico di legno della zappa, del picone, da steleą (manico, scure)

prėmmėcņcchė

Albicocca, da ernos (germoglio)  e kokkos (bacca)

stčrpė

Sterile, da sterife (sterile)

purtėgąllė

Arancia, da portokąlos (arancia)

strłmmėlė

Trottola, da stróbilos  o strombos (oggetto che gira su se stesso)

rąchėnė

Iuta, Tessuto usato per i sacchi, da racos (straccio)

stuppģellė

Recipente di legno a forma cilindrica svasata per misurare cereali e simili, da stiupos, (tronco ceppo d’albero)

rģghėnė

Origano, da orģganon (origano)

tąllė

Germoglio di una pianta, da thallņs (ramoscello, germoglio)

rumątė

Letame, da luma-lumatos (sporcizia) con metatesi della /l/ in /r/.

tappģnė

Pianella, Pantofolina, da tapeinņs (basso)

rłmmėlė

Ciottolo, Pietra tonda, da rombos (qualsiasi cosa di forma rotonda)

tąttė

Papą, da atta . Cfr. attąnė

ruūągnė

Recipiente, da rłomai (preservare, conservare)

témbė

Luogo scosceso, Rupe che si protende su una valle, Collina , da tempe (nome di una valle della Tessaglia, ma anche dei  monti che circondavano  detta valle)

salamłrrė

Salamoia, da almuris (salsedine)

tumbągnė

Tondo di legno che serve da coperchio o da fondo di recipienti come botti e barili, da timpąnion, tiłmpanon (tamburo, rivestimento)

salavrónė

Ramarro, da sąura (lucertola)

tłmė

Formaggio fresco, da tomé, tomą (taglio)

truzzulą

Bussare, da truzo (emettere un suono cupo)

zģcchė

Piccolo, da psix (briciola)

vammącė

Ovatta di cotone, da bambakion (bambacia)

zģlė

Diarrea, da tilos (escremento liquido)

vasilėcóiė

Basilico, da basilicņn (erba da re)

zėlónė

Tartaruga, da xelóne (tartaruga)

vavalģecė

Chiocciola, da błbalos (bufalo) pił un suffisso diminuitivo, in riferimeno alle corna della chiocciola.

zģmmėrė

Caprone, Becco, da ximaros (becco)

vrąmė

Grido, Urlo, da bromos (grido).

zģnżłlė

Straccio, da ząnzalon (straccio)

vłmmėlė

Orciuolo di terracotta col collo molto stretto, usato per conservare l’acqua fresca da boumboulios (bumbłlios) di origine onomatopeica imitante il gorgoglio dell’acqua che esce dalla canna.

zģtė

Fidanzato/a, Giovane sposo/a, da zeuctos , aggettivo verbale del verbo zéugnuni (legare, unire in matrimonio)


 

[2] Sull’origine della grecitą nell’Italia meridionale, c'č stata una spinosa querelle, che ha visto contrapposti Gerald Rohlfs e Oronzo Parlangeli. Il Rohlfs ha sempre cercato di dimostrare che il greco parlato nel Salento, in Calabria e in Sicilia, ma anche nel resto dell’Italia meridionale, č la continuazione diretta del greco dorico: lo starebbero a dimostrare le numerose isoglosse di indubbia (per il Rohlfs) origine greca che abbracciano i dialetti dell’Italia meridionale. Coerentemente con questa visione, lo studioso tedesco considerava la situazione dell’estremo meridione come il risultato di una neoromanizzazione susseguente alla espulsione degli arabi da parte dei normanni e al crollo della potenza bizantina. La lingua che quindi venne usata nei territori dell’Italia meridionale da poco conquistata non proveniva tanto da una determinata regione italiana, quanto piuttosto corrispondeva ad una specie di koiné linguistica, una lingua letteraria latineggiante. Dopo acerrime discussioni (che coinvolsero studiosi come Bonfante, Pisani, Pagliaro, tanto per citarne alcuni) al Rohlfs fu concessa la vittoria su due terzi del fronte (Calabria e Sicilia), ma non sul Salento. Parlangeli  su tutti dimostrņ chiaramente che:

(a) dopo la conquista romana tutta l’Italia meridionale fu pił o meno presto latinizzata;

(b) il romanzo parlato nel Salento continua direttamente il latino regionale e quindi ha un aspetto particolarmente conservativo;

(c) il greco parlato nel Salento č greco bizantino.