FONOLOGIA E FONETICA DEL
GALLICCHIESE
il sistema di accentuazionevocalismo
tonicovocalismo atono
co
Il sistema di accentuazione
Il dialetto di Gallicchio condivide con gli altri
dialetti lucani e con quelli delle regioni limitrofe un sistema di
accentuazione che produce un regolare allungamento della vocale tonica in
sillaba aperta delle parole piane che contrasta con la brevità che si può
ossevare per le sillabe chiuse, per es. cànë (cane) vs cànnë (canna/e).
Mentre questo fenomeno è condiviso anche dall’italiano, i dialetti di cui sopra
se ne discostano per due fatti particolari che caretterizzano quello che si
suole chiamare accento meridionale:
-
concentrazione dell’ energia fonoproduttice
sulla prima parte della vocale tonica allungata anziché sulla seconda, per
es. gallicchiese càanë, italiano caàne;
-
eccezione per le sdrucciole che di norma non
allungano la vocale tonica , ma piuttosto la consonante seguente: per es.
cénnërë (cenere) , dèbbùlë (debole)
L’accentramento dell’energia fonoproduttrice sul
nucleo tonico si compensa con l’affievolimento delle sillabe atone, per es.
fratëtë (tuo fatello) che può arrivare fino al dileguo nella pronuncia
rapida e disinvolta: u fàttë (il fatto) oppure u fàtt. Va tenuto
presente che non si tratta di una dicotomia tra la presenza o l’ assenza della
/ë/ postonica ma di una scala continua di affievolimento. SDenonchè la
consuetudine grafica obbliga a introdurre nella descrizione una distinzione
netta che nella realtà non c’è. L’affivolimento compensatore non colpisce
soltanto le sillabe atone ma anche la transizione di una sillaba all’altra e in
particolare i nessi consonantici occlusivi che subiscono un’ assimilazione
totale: /MB/> /mm/, /ND/>/nn/ quando si allunga la nasalità, o parziale: /MP/>
/mb/, /NT/>/nd/, quando si stabilisce una sonorità ininterotta.
Vocalismo tonico
(1)
Il sistema vocalico tonico del
latino classico, con cinque vocali lunghe e cinque vocali brevi, era un sistema
a tre gradi di apertura vocalica:
In questo sistema esistevano opposizioni di
quantità (le lunghe avevano una durata pressocchè doppia delle brevi) che erano
distintive del significato di alcune parole
All’inizio dell’ era volgare la quantità
vocalica perse la sua distintività a favore della diversità di timbro o
qualità: le vocali lunghe vennero pronunciate con un timbro più chiuso, e le
vocali brevi con un timbro più aperto. Alcune coppie di vocali che avevano
acquistato un timbro quasi uguale si fusero nel seguente modo:
determinando la
nascita di un nuovo sistema vocalico a quattro gradi di apertura:
nel quale si
distinguono sette timbri vocalici (tra parentesi quadra i segni diacritici dell’
IPA –Alfabeto fonetico internazionale):
/i/ vocale
palatale chiusa [i];
/é/ vocale
palatale chiusa [e], per es. l’italiano pésca (il pescare);
/è/ vocale
palatale aperta [ε], ad es. l’italiano pésca (frutto);
/a/ vocale media
di massima apertura [a];
/ò/ vocale velare
aperta
[ɔ]
per es. l’italiano pòrci (suini);
/ó/ vocale velare
chiusa [o], per es. l’italiano pórci (metterci);
/u/ vocale velare
chiusa [u]. (Cfr. anche Elementi di fonologia e fonetica,
Vocali)
Questo sistema
vocalico del laltino volgare è alla base di quello toscano, che diventerà poi
quello adottato dalla lingua italiana, ed è valido per gran parte dell’Italia e
delle altre zone romanze (vocalismo di tipo maggioritario o comune )
Il
collasso
della quantità in Basilicata,come si è visto (cfr. I dialetti della Basilicata,
Vocalismo tonico), non è avvenne in modo unitario. Il dialetto gallicchiese, che
ha come base un vocalismo asimettrico (vocalismo di tipo romeno) in quanto le
vocali toniche latine /Ĭ/,/Ē/,/Ě/ danno come esito /e/, mentre /o/ non continua
i tonici latini /Ŏ, /Ō/, /Ǔ/, come nel toscano, ma solo /Ŏ/,/Ō/
(/Ǔ/> /u/), ha
mantenuto il sistema vocalico tonico a quattro gradi di apertura del latino
volgare, ma la pronuncia chiusa o aperta della vocale palatale /e/ e della
vocale velare /o/ non dipende solo dalla quantità vocalica delle toniche latine,
come avviene per es. in italiano,
ma è anche condizionata dal contesto. Bigalke (1980) ha osservato che nel
vocalismo tonico dei dialetti della Basilicata le vocali che nel latino si
trovano in sillaba aperta, cioè in sillaba
terminante per vocale, sono generalmente chiuse e le vocali che nel latino si
trovano in sillaba chiusa, cioè in sillaba terminante per consonante, sono
generalmente aperte. Questa regola fonologica che gli abitanti di Gallicchio
sembrano applicare quando parlano in italiano (un gallicchiese per es. pronuncia
cósa invece che còsa, béne invece che bène, dèntro invece
che dèntro, ròsso invece che rósso), non trova riscontro nei continuatori
dialettali dei tonici latini /Ĭ/, /Ē/, /Ě/ in sillaba chiusa, perché accanto a
forme che presentano /é/ aperta , s’incontrano anche forme con /é/ chiusa, come
vedremo esaminando gli esiti di tutte le vocali toniche latine.
[1]
In italiano per lo più sia in sillaba
aperta sia in sillaba chiusa /Ī/, /Ā/, /Ǎ/, /Ǔ/ hanno esito
rispettivamente /i/, /a/, /u/;
sia in
sillaba aperta sia in sillaba chiusa /Ĭ, /Ē/ confluiscono in /é/, ad
es. FĬDE(M) > féde, CAPĬLLU(M) > capéllo; HABĒRE > avére, STĒLLA(M) >
stélla;
sia in
sillaba aperta sia in sillaba chiusa /Ō/,/Ǔ/ confluiscono in /ó/, ad es.
SŌLE(M) > sóle, FŌRMA(M) > fórma; CRǓCE(M) > cróce , DǓLCE(M) > dólce ;
/Ě/
dittonga in /iè/ in sillaba aperta, ha esito /è/ in sillaba chiusa, ad
es. PĚDE(M) > piede, FĚRRU(M) > fèrro;
/Ŏ/
dittonga in /uò/ in sillaba aperta, ha esito /ò/ in sillaba chiusa, ad
es. LŎCU(M) > luogo, PŎRTA(M) > pòrta.