IL "GALLICCHIESE"

IN... BASILICATA

DIZIONARIO DIALETTALE DI GALLICCHIO

a cura di Maria Grazia Balzano

 

Il dialetto gallicchiese

Ti trovi in: Home->Il "Gallicchiese" in Basilicata> Il dialetto gallicchiese (4)

 

 

Schizzo geo-storico di Gallicchio| Posizione del dialetto gallicchiese all'interno dei dialetti della Basilicata|

|Fonologia e fonetica del gallicchiese| Morfologia e sintassi del gallicchiese| Lessico del gallicchiese| home|

 


FONOLOGIA E FONETICA DEL GALLICCHIESE

 

|il sistema di accentuazione|vocalismo tonico (1) (2) (3) |vocalismo atono| consonantismo (1) (2)|


 

Il sistema di accentuazione

Il dialetto di Gallicchio condivide con gli altri dialetti lucani e con quelli delle regioni limitrofe un sistema di accentuazione  che produce un regolare allungamento della vocale tonica  in sillaba aperta delle parole piane che contrasta con la brevità che si può ossevare per le sillabe chiuse, per es. cànë (cane) vs cànnë (canna/e). Mentre questo fenomeno è condiviso anche dall’italiano, i dialetti di cui sopra se ne discostano per due fatti particolari  che caretterizzano quello  che si suole chiamare accento meridionale:

  • concentrazione dell’ energia fonoproduttice sulla prima parte della vocale tonica allungata anziché sulla seconda, per es. gallicchiese càanë, italiano caàne;

  • eccezione per le sdrucciole che di norma non allungano la vocale tonica , ma piuttosto la consonante seguente: per es. cénnërë (cenere) , dèbbùlë (debole)

L’accentramento dell’energia fonoproduttrice sul nucleo tonico si compensa con l’affievolimento delle sillabe atone, per es. fratëtë (tuo fatello)  che può arrivare fino al dileguo nella pronuncia rapida e disinvolta: u fàttë (il fatto) oppure u fàtt. Va tenuto presente che non si tratta di una dicotomia tra la presenza o l’ assenza della /ë/ postonica ma di una scala continua di affievolimento. SDenonchè la consuetudine grafica obbliga a introdurre nella descrizione una distinzione netta che nella realtà non c’è. L’affivolimento compensatore non colpisce soltanto le sillabe atone ma anche la transizione di una sillaba all’altra e in particolare i nessi consonantici occlusivi che subiscono un’ assimilazione totale: /MB/> /mm/, /ND/>/nn/ quando si allunga la nasalità, o parziale: /MP/> /mb/, /NT/>/nd/, quando si stabilisce una sonorità ininterotta.

 

Vocalismo tonico (1)

 

Il sistema vocalico tonico del latino classico, con cinque vocali lunghe e cinque vocali brevi, era un sistema a tre gradi di apertura vocalica:

 

 

 

 

In questo sistema esistevano opposizioni di quantità (le lunghe avevano una durata pressocchè doppia delle brevi) che erano distintive del significato di alcune parole

All’inizio dell’ era volgare  la quantità vocalica perse la sua distintività  a favore della diversità di timbro o qualità: le vocali lunghe vennero pronunciate con un timbro più chiuso, e le vocali brevi  con un timbro più aperto.  Alcune coppie di vocali che avevano acquistato un timbro quasi uguale si fusero nel seguente modo:

 

 

 

determinando la nascita di un nuovo sistema vocalico a quattro gradi di apertura:

 

 

 

 

 

 

nel quale si distinguono sette timbri vocalici (tra parentesi quadra i segni diacritici dell’ IPA –Alfabeto fonetico internazionale):

/i/ vocale palatale chiusa [i];

/é/ vocale palatale chiusa [e], per  es. l’italiano pésca (il pescare);

/è/ vocale palatale aperta [ε], ad es. l’italiano pésca  (frutto);

/a/ vocale media di massima apertura [a];

/ò/ vocale velare aperta [ɔ] per  es. l’italiano pòrci (suini);

/ó/ vocale velare chiusa [o], per es. l’italiano pórci (metterci);

/u/ vocale velare chiusa [u]. (Cfr. anche Elementi di fonologia e fonetica, Vocali)

 

Questo sistema vocalico del laltino volgare è alla base di quello toscano, che diventerà poi quello adottato dalla lingua italiana, ed è valido per gran parte dell’Italia e delle altre zone romanze (vocalismo di tipo maggioritario o comune )

Il collasso della quantità in Basilicata,come si è visto (cfr. I dialetti della Basilicata, Vocalismo tonico), non è avvenne in modo unitario. Il dialetto gallicchiese, che ha come base un vocalismo asimettrico (vocalismo di tipo romeno) in quanto le vocali toniche latine  /Ĭ/,/Ē/,/Ě/ danno come esito /e/, mentre /o/ non continua i tonici latini /Ŏ, /Ō/, /Ǔ/, come nel toscano, ma solo /Ŏ/,/Ō/ (/Ǔ/> /u/),  ha mantenuto il  sistema vocalico tonico a quattro gradi di apertura del latino volgare, ma la pronuncia chiusa o aperta della vocale palatale /e/ e della vocale velare /o/ non dipende solo dalla quantità vocalica delle toniche latine, come avviene per es. in italiano[1], ma è anche condizionata dal contesto. Bigalke (1980) ha osservato che nel vocalismo tonico dei dialetti della Basilicata le vocali che nel latino si trovano in sillaba aperta, cioè in sillaba terminante per vocale, sono generalmente chiuse e le vocali che nel latino si trovano in sillaba chiusa, cioè in sillaba terminante per consonante, sono generalmente aperte. Questa regola fonologica che gli abitanti di Gallicchio sembrano applicare quando parlano in italiano (un gallicchiese per es. pronuncia cósa invece che còsa, béne invece che bène, dèntro invece che dèntro, ròsso invece che rósso), non trova riscontro nei continuatori dialettali dei tonici latini /Ĭ/, /Ē/, /Ě/ in sillaba chiusa, perché accanto a forme che presentano /é/ aperta , s’incontrano anche forme con /é/ chiusa, come vedremo esaminando gli esiti di tutte le vocali toniche latine.


[1] In italiano per lo più sia in sillaba aperta sia in sillaba chiusa /Ī/, /Ā/, /Ǎ/, /Ǔ/  hanno esito rispettivamente /i/, /a/, /u/;

sia in sillaba aperta sia in sillaba chiusa  /Ĭ, /Ē/  confluiscono in /é/, ad es. FĬDE(M) > féde, CAPĬLLU(M) > capéllo; HABĒRE > avére, STĒLLA(M) > stélla;

sia in sillaba aperta sia in sillaba chiusa /Ō/,/Ǔ/ confluiscono in /ó/, ad es. SŌLE(M) > sóle, FŌRMA(M) > fórma; CRǓCE(M) > cróce , DǓLCE(M) > dólce ;

/Ě/ dittonga in /iè/ in sillaba aperta, ha esito /è/ in sillaba chiusa, ad es. PĚDE(M) > piede, FĚRRU(M) > fèrro;

/Ŏ/ dittonga in /uò/ in sillaba aperta, ha esito /ò/ in sillaba chiusa, ad es. LŎCU(M) > luogo, PŎRTA(M) > pòrta.